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GRINNZOVE

IL PROGETTO

L’hub dell’innovazione GrInnZoVe nasce con l’obiettivo di sviluppare una struttura a sostegno dell’innovazione per lo sviluppo sostenibile del settore della produzione di carne bovina in Veneto. L’Hub sarà composto da AOP ITALIA ZOOTECNICA, Università degli Studi di Padova (docenti dei dipartimenti DAFNAE, MAPS e TESAF), Istituto Zooprofilattico delle Venezie, UNICARVE e EMMEPI CONSULTING srl. Nel corso del progetto sarà attivata una struttura di punti di ascolto, accoglienza e incubatori di idee per le imprese, allo scopo di far emergere e individuare le idee innovative per favorire lo sviluppo sostenibile delle filiera della carne bovina. le azioni condotte saranno supportate da percorsi di consulenza specifici in ambito i) Benessere animale e salubrità delle carni e ii) Sostenibilità ambientale, oltre che da un’azione dimostrativa su buone pratiche di gestione dell’allevamento. Particolare attenzione verrà rivolta alla divulgazione, con iniziative specifiche per il coinvolgimento degli stakeholders del settore e di un pubblico generalista. 

IL CONTESTO

Il settore della produzione di carne bovina in Veneto sta vivendo delle criticità legate alla mancanza di redditività e incertezza sul futuro.

La prima causa è dovuta alla totale dipendenza dalla Francia, per l’approvvigionamento dei ristalli. In Italia le vacche nutrici sono solo 360.000  e su 1,4 milioni di capi macellati nel 2023, 915.000 mila provenivano dalla Francia (pari a 1,25 Miliardi di €.). Questo mette i produttori Italiani, Veneti in particolare, in quanto regione che rappresenta circa il 40% della produzione nazionale in una condizione di debolezza commerciale evidente con prezzi dei ristalli che nell’ultimo anno sono aumentati del 25%. A ciò si aggiunge l’incertezza dei costi dei cereali e della soia, e le variabili legate all’andamento climatico, che condizionano produzioni e costi. Nel frattempo, i consumatori si stanno rivolgendo sempre più ad un mercato di qualità, guardando con sempre più interesse, a produzioni “sostenibili”, senza uso di antibiotico, rispettose del benessere animale.

La proposta di Hub dell’Innovazione parte dalla constatazione di queste profonde criticità che connotano l’allevamento bovino da carne e la corrispondente filiera.  Su scala regionale e nazionale si riscontrano tre questioni prioritarie:

1. Il settore è prioritariamente indicato come settore in grado di compromettere negativamente la sostenibilità ambientale dell’agricoltura sia dall’opinione pubblica, attraverso i mezzi di comunicazione ed i social, che da soggetti istituzionali: secondo l’Inventario delle Emissioni Aria (INEMAR, 2019) l’emissione regionale stimata per l’ammoniaca (NH3) è  attribuita quasi totalmente (96%) all’agricoltura, di cui il 78% deriva dalla gestione dei reflui prodotti negli allevamenti, seguita dall’impiego di fertilizzanti in agricoltura (17%). I capi che impattano maggiormente in termini di emissioni sono i bovini (61%). A questa crescente sensibilità dell’opinione pubblica si affianca un orientamento della politica ambientale comunitaria verso un innalzamento degli standard. In particolare, le attività zootecniche collocate nell’area della pianura padana devono affrontare due criticità connesse alle emissioni in atmosfera: i gas climalteranti come la CO2, il metano e il protossido di azoto, e l’inquinamento dell’aria da polveri sottili connesso alle emissioni di ammoniaca. Su questo tema nel 2017 le Regioni del Bacino Padano (Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna) hanno sottoscritto un “Accordo di programma per l’adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano” che include molte misure di mitigazione, attuate da Regione Veneto col Quarto Piano di Azione Nitrati – Regione Veneto con DGR 813/2021.

2. Dal punto di vista della filiera, il consumo di carne bovina è in progressiva riduzione per motivi di carattere etico ed economico. Secondo i dati ISTAT e ISMEA, il settore soffre di una progressiva riduzione dei consumi (da 17,3 kg pro-capite nel 2018 a 16,0 kg nel 2022). Una recente indagine di CREA (Aureli et al. 2023) ha evidenziato come il 57% degli italiani abbia ridotto il consumo di carne per motivi ambientali e manifesti interesse per fonti proteiche alternative. Sebbene la produzione interna manifesti un tasso di riduzione leggermente inferiore al calo dei consumi, questo elemento rappresenta ciclicamente un motivo di inasprimento della competizione e in grado di determinare una pesante riduzione della redditività. Il tasso di autoapprovvigionamento è comunque calato dal 52,1% del 2018 al 51,4% del 2020 in ragione del crescente peso degli animali vivi da ristallo importati.

la carne bovina non ha un’identità e una riconoscibilità nel mercato e si presenta  generalmente come una commodity con scarsa valorizzazione della qualità. Considerando l’attuale contesto geopolitico e la generalizzata pressione inflazionistica, sembra prevalere l’incertezza anche rispetto al futuro : circa un terzo delle aziende del comparto della zootecnia da carne non è in grado di valutare l’evolversi della situazione economica. A questo  proposito ISMEA – Prospettive carne (2023) – indica come priorità strategica del settore delle carni la messa in campo di azioni volte a rendere le filiere più efficienti dal punto di vista ambientale e sociale. In questo contesto, nonostante le rilevanti iniziative regionali e nazionali di promozione della qualità della carne bovina (Qualità Verificata, Sistema Qualità Nazionale Zootecnia) e di sviluppo di un sistema interprofessionale, persiste la necessità di mettere a sistema azioni efficaci di sviluppo del settore.

La complessità dei temi e la molteplicità di fattori in gioco suggeriscono di focalizzare l’attenzione sulle criticità generate dall’allevamento sulla matrice benessere animale, clima e cambiamento climatico in combinazione con gli effetti, anche collegati alla Politica Agricola Comune, sui redditi delle imprese.

3. L’altro aspetto che ha in questi ultimi anni sollevato grande interesse nell’opinione pubblica, ripresa puntualmente negli obiettivi della riforma PAC, riguarda l’uso sostenibile del farmaco negli allevamenti, e l’antibiotico resistenza ne è il punto principale. E’ impegno di tutta la filiera utilizzare meno farmaci e meno antibiotico, pratica oramai circoscritta alla fase di arrivi dei bovini. Le prime fasi di allevamento risultano le più complicate dalla manifestazione di problematiche sanitarie, conseguentemente allo stress da trasporto, e all’adattamento alle prime fasi nutrizionali, a cui i vitelli devono abituarsi, passando a un regime alimentare dove l’insilato del mais è il componente principale della razione. Le stalle dove vengono allocati, grigliato o lettiera, sono comunque ambienti diversi rispetto ai luoghi di provenienza, dove troveranno altri consimili, con i quali condivideranno virus e batteri di diversa origine. Il conseguente contatto con nuovi agenti patogeni può portare a patologie dell’apparato respiratorio, alle quali questa tipologia di animale va particolarmente soggetto, e che destano maggiore preoccupazione durante la prima fase di allevamento del bovino da ingrasso.

E’ necessario in questa fase, considerando la recente normativa del farmaco che gli incentivi previsti dalla stessa PAC (ecoschema 1), dare un supporto agli allevatori, individuando delle azioni di supporto per poter intervenire nella cura dei bovini con metodi efficaci e economicamente sostenibili. Individuare e definire delle procedure specifiche, utilizzando quando possibile dei sistemi di valutazione (analisi), che possono suggerire trattamenti mirati, sono un primo passo per raggiungere l’obiettivo.

Da una analisi SWOT del settore del bovino da carne emergono i seguenti elementi.

I punti di forza del settore del bovino da carne sono l’elevato livello di professionalità negli allevamenti specializzati nell’ingrasso di vitelloni tipici del Nord Italia ed in particolare del Veneto. Il ruolo strategico dell’allevamento per l’attivazione di indotto a monte (industria mangimistica) e a valle (macelli) della filiera caratterizzati da elevata integrazione verticale. Il sistema produttivo locale contribuisce inoltre all’immagine consolidata del prodotto “carne italiana”, cui si attribuiscono elevati standard di qualità, tracciabilità e salubrità.

Fra i punti di debolezza persiste la dipendenza dalle forniture di ristalli francesi basate su rapporti limitatamente integrati che espongono il settore a rilevanti incertezze di mercato. L’ancora insufficiente politica di differenziazione, carenza di marchi riconoscibili e azioni di comunicazione, soprattutto nei canali di vendita della distribuzione moderna dove è molto presente la carne di provenienza estera.

Fra le opportunità individuiamo un contesto normativo che promuove lo sviluppo di filiere incentrate su sistemi di qualità certificati, volti a differenziare il prodotto soprattutto rispetto alla carne di importazione che ha la potenzialità di affermarsi grazie all’espansione del mercato di alta fascia per le carni di qualità e garantite. L’affermazione di un sistema organizzato di carattere interprofessionale che favorisce anche lo sviluppo di sinergie territoriali basate sulla linea-vacca vitello italiana, anche attraverso sinergie con la filiera latte. In questo quadro, opportunità provengono anche dal sostegno alla diversificazione del reddito degli allevatori attraverso risorse dello sviluppo rurale e quelle orientate all’integrazione orizzontale di filiera (associazioni/organizzazioni di allevatori) finalizzata al rafforzamento del potere contrattuale, sia nella fase a monte (fornitori di ristalli) che a valle (rapporti con la GDO), anche attraverso i contratti di filiera e la promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione.

Fra le minacce emerge l’affermazione di modelli di consumo, che per motivi etico religiosi e/o di salute sono orientati a ridurre o eliminare la carne dalla dieta (vegetarianismo, veganismo) a fianco ad un contesto di crescente concorrenza internazionale, da parte sia dei paesi UE sia dei paesi del Mercosur (accordo di libero scambio). Per l’economia delle imprese persiste la volatilità dei prezzi, soprattutto con riferimento agli input produttivi (mangimi e prodotti energetici) e la riduzione del sostegno al settore (revisione della PAC).

OBIETTIVI E ATTIVITA’ IN PROGRAMMA

L’hub dell’innovazione GrInnZoVe nasce con l’obiettivo di sviluppare una struttura a sostegno dell’innovazione per lo sviluppo sostenibile del settore della produzione di carne bovina in Veneto. Le attività puntano a creare un gruppo di lavoro che coinvolga le principali associazioni e organizzazioni di produttori nel settore della carne bovina del Veneto, coadiuvati dai Dipartimenti DAFNAE, MAPS e TESAF dell’Università degli Studi di Padova, dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie come enti di ricerca, oltre a UNICARVE come prestatore di Consulenza e EMMEPI Consulting come consulente.

Gli obiettivi specifici sono: i) costruire una rete di portatori di interesse (allevatori, produttori, amministratori, tecnici, associazioni e consumatori) che possa rappresentare un tavolo di lavoro permanente sulle tematiche di sostenibilità ambientale e socio-economica che consideri la centralità del tema del benessere animale; ii) costruire una rete di aziende (Farmer field-groups) per testare strumenti di monitoraggio e pratiche di gestione innovative; iii) favorire il trasferimento tecnologico alle aziende e la formazione continua degli operatori del settore.

Nello specifico, si intende far emergere le idee innovative in risposta ai fabbisogni delle imprese del settore della carne bovina. A questo scopo, saranno organizzati dei gruppi di lavoro che andranno ad analizzare i risultati dei progetti che sono stati sviluppati negli anni scorsi nel settore della carne Bovina (Mitigactions, MeatBull, LOWeMEAT, SANIBEEF,…), per verificare quali delle innovazioni sviluppate siano potenzialmente spendibili per lo sviluppo sostenibile del settore.

Si prevedono le seguenti attività: